Miei cari lettori vi riporto un articolo di
Paolo Sgroia pubblicato in "Il Saggio" (Maggio 2004)
"Sono trascorsi sessanta anni da quella notte tra il 2 e 3 marzo del 1944 e i
parenti delle vittime del treno merci 8017 ancora non si danno pace. Morirono
più di 500 persone in quella fredda notte nella galleria "delle Armi", subito
dopo la stazione di Balvano, in provincia di Potenza.
Molti non si accorsero neppure della tragedia, passarono dal sonno alla morte
respirando il monossido di carbonio sprigionato dalle ciminiere delle due
locomotive a vapore, che trainavano il lungo convoglio che da Napoli era diretto
a Potenza.
Una tragedia annunciata, perché nel verbale
del 9 marzo 1944 del Governo Badoglio si legge testualmente: "La sciagura
deve attribuirsi alla pessima qualità del carbone fornito dal Comando Militare
alleato perché già si era verificato, sulla stessa tratta, un caso di morte per
asfissia del personale di macchina di un treno dell'autorità alleata".
Era carbone proveniente dalla Jugoslavia, di quello pessimo che sprigionava
poco calore e tanto monossido di carbonio. Si era in guerra e le ferrovie erano
sotto il comando degli alleati. Sulla linea Napoli-Potenza gli Anglo-Americani
avevano istituito solo due treni alla settimana per i viaggiatori, tutti gli
altri erano treni merci che servivano per il trasporto di materiale utile ai
militari.
Ma era anche il treno che serviva alla popolazione per rifornirsi di generi
di prima necessità, materie che scarseggiavano nelle grandi città ed erano
reperibili solo nelle zone interne come le campagne di Potenza. Ma su quel treno
c'era anche chi doveva viaggiare, e per assenza di mezzi pubblici era obbligato
a salire su quei carri merci.
È il caso del prof. Vincenzo Iura, noto chirurgo, salito ad Eboli e diretto a
Potenza. Il professore, negli anni sessanta in un'intervista fatta nell'Ospedale
Civile di Eboli, era ancora ricordato da tutti come una persona ricca di umanità
che operava nella struttura sanitaria più delle volte gratuitamente. Anche lui
morirà in quella galleria. Del personale addetto al convoglio si salveranno solo
i frenatori, Michele Palo, Roberto Mallo e Giuseppe De Venuto, e il fuochista
Luigi Ronga, che svenuto cadde dalla locomotiva e con la faccia a terra riuscì a
trovare quel poco d'aria che gli salvò la vita.
Una tragedia che fu subito seppellita nel dimenticatoio, come furono
seppelliti in fretta i 519 deceduti nel cimitero di Balvano, dopo aver buttato
della calce viva su di essi.
A quei corpi si poteva dare una sepoltura migliore, in modo tale che i
familiari ne potessero far riesumare i resti. Erano morti da poche ore non da
giorni, e non per un'epidemia.
Il treno 8017 era composto da 47 vagoni, di cui una ventina scoperti. Solo 12
erano carichi e tutti gli altri servivano per trasporto merci. Quando transitò
per Salerno, pioveva, ed era già carico di passeggeri che provenivano dalle zone
del Napoletano. Al nodo di Battipaglia il treno fece un'altra sosta e la polizia
militare americana fece scendere molti passeggeri abusivi. Ad Eboli transitò
alle ore 19.12 e fu preso a volo da circa cento persone come capitò anche a
Persano. Il convoglio a quel punto aveva a bordo circa 700 viaggiatori abusivi.
A Romagnano per riuscire a scalare le pendici delle montagne fu agganciata in
testa una seconda locomotiva a vapore.
Alle 23.40 il lungo convoglio partì da Romagnano e dopo circa 7 km si fermò
nella stazione di Balvano-Ricigliano, dove c'era un treno fermo in difficoltà.
Dopo 38 minuti di attesa le due locomotive allentarono i freni e il viaggio
continuò.
Erano le ore 0.50, ed il treno doveva giungere alla stazione di Bella-Muro
distante meno di 8 km in un percorso tutto in salita e con molti trafori. Il
messaggio di arrivo alla stazione successiva non arrivò mai. Il treno s'era
bloccato nella galleria che passa sotto il Monte delle Armi. Le ruote motrici
delle due locomotive slittavano sulle rotaie e dopo aver indietreggiato qualche
metro il treno si fermò definitivamente. Si doveva decidere in una manciata di
secondi cosa fare. Ma ci fu incomprensione tra macchinisti e frenatori, le due
locomotive furono trovate nel senso di retromarcia, mentre c'erano 13 convogli
frenati. Una tragica fatalità. Gli addetti alle macchine furono i primi a
morire: la galleria era ancora satura del fumo del treno che era passato pochi
minuti prima. I passeggeri, quelli ancora svegli, incominciarono a borbottare,
non si sapeva cosa fare e nemmeno si era a conoscenza del pericolo. Solo quando
incominciarono a mancare le forze si cercò di uscire: troppo tardi. Il monossido
di carbonio è inodore e uccide nel giro di pochi minuti.
A questo punto ci sono alcune versioni differenti su chi dei due frenatori
tornò a Balvano per dare l'allarme: Michele Palo o Giuseppe De Venuto. Erano le
ore 5.10 quando la notizia giunse al capolinea.
Staccata una locomotiva da un treno in sosta i funzionari andarono incontro
al convoglio, e solo allora si resero conto dell'immane tragedia. Si pensava
semplicemente ad un guasto delle locomotive, mai ad un evento così tragico. Il
treno fu rimorchiato e riportato indietro e sui marciapiedi della piccola
stazione furono deposti più di 500 corpi esanimi, altri che davano segni di vita
furono trasportati all'ospedale di Potenza.
Molti di quei corpi non avevano nessun segno di sofferenza sul volto. Erano
passati dal sonno alla morte senza accorgersene.
I militari dopo aver portato i superstiti agli ospedali, ebbero l'ingrato
compito insieme a dei civili di collocare le salme sui camion e di seppellirle
in fosse comuni nel cimitero di Balvano: due per i maschi e una per le donne.
Sul numero delle vittime ci sono discordanze: molti corpi non furono
identificati perché senza documenti. La stampa dell'epoca, sottoposta a censura
militare, riservò solo alcune righe al più grande disastro ferroviario d'Europa.
Solo dagli anni sessanta in poi furono dedicati alcuni reportage a questa
sciagura. Della tragedia si è occupata anche la stampa internazionale e le sono
state dedicate addirittura delle canzoni da artisti stranieri, mentre in Italia
è stato steso un velo pietoso di oblio. Proprio per questo è il caso che venga
approvata la proposta di legge n. 4.798 del
deputato Giuseppe Molinari, che propone l'istituzione del Giorno della memoria e
il Museo della memoria nella stazione di Balvano, in ricordo di quelle 519
vittime decedute in quel funesto 3 marzo 1944."
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